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Il Telefono Viola denuncia i reparti psichiatrici di Milano

[La Repubblica, 23/11/2010] L’associazione Telefono Viola ha denunciato, nel corso di una conferenza stampa in tribunale a Milano, “una serie di abusi avvenuti nei reparti di psichiatria dell’ospedale Niguarda di Milano attraverso le pratiche della contenzione”, ossia il legare i pazienti con disturbi mentali, che secondo l’associazione avrebbero portato a “due morti” e a una serie di lesioni ad altri malati.

Giorgio Pompa, presidente dell’associazione che dal ’96 si batte contro gli abusi della psichiatria”, ha spiegato che nelle prossime ore presenterà un esposto alla Procura di Milano affinché “apra un’inchiesta su questi gravi fatti di tortura”. Immediata la replica del Niguarda: “Non risultano allo stato di fatto elementi a riprova di questi casi”. E nel giugno scorso è stato lo stesso ospedale a trasmettere alla Procura la segnalazione di una paziente “in merito a supposti comportamenti scorretti” che sarebbero avvenuti nel padiglione Grossoni.

Pompa era accompagnato da alcuni volontari dell’associazione e dalla dottoressa Nicoletta Calchi, medico psichiatra dell’ospedale Niguarda, che ha raccontato di essere stata “sospesa per 20 giorni dalla struttura, dopo aver subito anche mobbing, a causa del rapporto umano instaurato con i malati”. A giudizio di Telefono Viola, “i gravissimi abusi della pratica coercitiva” sarebbero avvenuti nei tre reparti Grossoni del Niguarda e farebbero riferimento a sei casi. Fra questi c’è “la vicenda di Tullio C. morto un imprecisato giorno di ottobre di quest’anno, mentre era legato da 14 ore al letto”. E il caso di “Francesco D., morto il 26 settembre 2008 sempre legato al letto”.

All’interno del Grossoni – ha spiegato Pompa – non viene applicata la legge 180″, ovvero la legge Basaglia del ’78, che ha portato alla chiusura dei manicomi. L’associazione contesta anche il protocollo sulle cure psichiatriche del Niguarda che prevede la contenzione. “Questa pratica – ha aggiunto Pompa – è un’inaudita violenza fisica e psicologica che viene portata avanti in alcuni reparti di psichiatria in Italia”. Telefono Viola sostiene che nei reparti Grossoni i pazienti vengono legati e “non vengono controllati per ore, mentre anche il protocollo del Niguarda prevede controlli costanti”. Tullio C., secondo l’associazione, “venne legato al suo letto alle 11 di mattina e dopo 14 ore, alle 2 di notte venne trovato morto”. Nel giugno del 2005, invece, “il marocchino Mohamed M. subì lo spallaccio, ossia venne fissato supino al letto con un lenzuolo e si ritrovò con le braccia paralizzate”.

Rita F., invece, sempre secondo la denuncia, nel marzo del 2006 “venne legata e subì piaghe da decubito e infezioni”, mentre un’altra paziente “all’inizio di quest’anno è rimasta legata per 18 giorni e sei ore”. L’associazione, inoltre, ha spiegato che un esposto per un tentativo di violenza sessuale ai danni di una paziente è già stato presentato alla Procura di Milano. Telefona Viola ha mostrato poi una lettera scritta “a sostegno della dottoressa Calchi e firmata da 116 ex pazienti della struttura e dai loro familiari”.

In una lunga nota firmata dal direttore del Dipartimento di psichiatria, Arcadio Erlicher, e dal direttore sanitario, Carlo Nicora, l’ospedale rimarca che “la pratica della contenzione fisica in psichiatria è un provvedimento applicato in situazioni cliniche estreme unicamente a tutela della sicurezza dei pazienti e degli operatori. E’ presente nella maggior parte dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura italiani e non confligge con specifiche normative”. Inoltre, proseguono i due direttori, al Niguarda le procedure di contenzione “sono regolamentate dal 2006 da apposite linee guida, aggiornate nell’anno in corso coinvolgendo anche le associazioni dei famigliari così come previsto dagli standard internazionali”.

Le linee guida, in particolare, prevedono che la contenzione sia autorizzata formalmente dallo psichiatra e che le persone sottoposte a questo trattamento siano monitorate ogni 15 minuti. L’andamento complessivo di questi monitoraggi, aggiungono i medici, “è periodicamente riferito nelle riunioni del dipartimento Salute mentale con le associazioni di familiari e nell’assemblea del dipartimento, a cui partecipano anche le associazioni”. L’ospedale ha comunque disposto un’ulteriore indagine e “si riserva di agire a tutela dell’onorabilità e professionalità dell’intera équipe del dipartimento Salute mentale”.

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